Come? Scarpe classiche … senza calze?! Parliamone.

Per tanti uomini una vera offesa allo stile ed alla decenza. Non sono completamente d’accordo e qui vi espongo la mia opinione e il perchè secondo me …

So che può sembrare a qualcuno un argomento futile se non addirittura sciocco ma nel mondo maschile viene dibattuto più spesso di quanto si pensi. Si perchè se durante 3 stagioni su quattro il problema non si pone, poiché è relativamente semplice trovare calzature che siano confortevoli in primavera – autunno – inverno altrettanto non si può dire per l’estate. Perchè in estate guarda un po’ fa caldo, quindi indossare scarpe formali mentre all’esterno ci sono 25-30° può essere poco piacevole. Ci sono alcuni escamotage che si possono attuare per ovviare a questo, i quali però hanno la necessità di essere ben accordati tra loro. Non entrerò TROPPO nel discorso stile perchè a parte alcuni punti fondamentali credo che sia un tema molto molto personale. Fondamentalmente molti dei suggerimenti che troverete qui sono applicabili anche al mondo scarpe Donna

Un punto fondamentale ed imprescindibile nel portare la calzatura formale secondo me è che non si faccia mai senza la calza. Per un discorso di continuità di stile nel rapporto tra abito e calzatura l’accessorio calza non è tralasciabile. E’ veramente un pugno in un’occhio per quanto riguarda l’estetica. Dalla stragrande maggioranza degli appassionati è considerata una scelta anzi volgare e di pessimo gusto, molto superficiale e rozza. Ci sono delle eccezioni? SECONDO ME, si. Ovviamente dipendono dallo stile della calzatura. Per la suddetta maggioranza l’unico modello utilizzabile senza calza è la “boat-shoe” la scarpa da barca. E fino a qui tutto ok.

Io sono più possibilista verso altri modelli. Ad esempio il mocassino, o loafer, essendo un modello di calzatura più spensierato permette ALCUNE licenze in determinati casi. In primis, il colore. Questo gioca un ruolo fondamentale nella PERCEZIONE del rapporto piede-calzatura-ruolo.

Se un mocassino è di fattura particolarmente leggera e di tinte chiare-pastello o addirittura osa colorazioni più vivaci e viene abbinato ad un’ abbigliamento dichiaratamente informale e spensierato l’abbinata “senza calza” per me è accettabile. Un mocassino beige di nappa e sottile fondo cuoio, estremamente flessibile ben si abbina ad un completo in cotone o lino e tiene distanti dalla scelta sneakers che secondo me è la vera sciatteria. La sneaker del gentleman ben vestito è la loafer. Con i colori è bello giocare e prendersi licenze nei periodi estivi: un bel mocassino azzurro, verde, rosso o rosa possibilmente con tinte sfumate è una vera gioia per gli occhi e l’umore ed è assolutamente accettabile per passeggiare rilassati e confortevoli durante le stagioni più calde. Ovviamente in ufficio o durante incontri- eventi formali va lasciato ben bene in scarpiera, a meno che non sia un’aperitivo lungolago-mare-canale tra colleghi. Quindi, per me certi modelli di calzatura classica sono ammissibili senza l’uso della calza a patto che trasmettano un senso di leggerezza, comfort e disimpegno tanto nella costruzione quanto nella colorazione.

Colori vivaci o pastello alleggeriscono lo spirito della calzatura rendendone più disimpegnato l’aspetto.

Ora entriamo in un discorso più “serio”, COSA compromette il comfort dell’utilizzo senza calza?

IN PRIMIS la fattura della calzatura. Con questo intendo innanzitutto la qualità della lavorazione e del pellame che la compongono, senza eccezione per nessuna parte di essa. NESSUNA! Perchè il piede è infinitamente più debole della scarpa ed infilarlo nudo in un articolo mal fatto equivale ad una condanna. Quali sono le caratteristiche che dovrebbero essere imprescindibili ? Innanzitutto materiali NATURALI il che si traduce in PELLE ovunque. Tomaia, fodera, suola tutto dev’essere in pelle-cuoio. Perchè la pelle assorbe il sudore e ne rilascia buone quantità in breve tempo permettendo la traspirabilità.

Questa etichetta DEVE essere presente su almeno uno dei pezzi che compongono il paio. Solitamente sulla suola.

La parte della scarpa che più si trova a contatto con il vostro piede è:

la FODERA. Questa DEVE essere in pelle di alta qualità, morbida e flessibile. Uno dei materiali migliori che potete trovare per questo è L’AGNELLO: morbidissimo, flessibile, un comfort totale in qualunque situazione e in qualunque scarpa. La fodera è un punto in cui l’attenzione del produttore spesso si fa più vaga perchè lo è anche quella dell’acquirente. Se ne avete la possibilità poi scegliete scarpe sfoderate, per me il top ma necessitano di una costruzione e di un pellame della tomaia ottimi perchè non deve assolutamente graffiare in alcun punto.

IL SOTTOPIEDE: ovviamente in pelle e possibilmente intercambiabile poiché il sudore prima o poi lo rovinerà.

Aggiungere un sottopiede con sostegno all’arco plantare aumenta notevolmente il comfort.

LA SUOLA: materiale migliore in assoluto il cuoio, che deve avere uno spessore non superiore ai 4mm. Io per le mie sto tra i 2,5 e i 3 sinceramente. Ed anche questo deve essere di buona qualità, non cartone e diffidate come la peste del cuoio riciclato. Si tratta di cascami e residui di cuoio macinati e tenuti assieme con collanti che tutto assicurano fuorchè la traspirabilità. Mi pare scontato dirlo ma delle derby o oxford magari doppia o tripla (!) suola portate senza calze sono assolutamente ridicole, stridono con tutto il resto come un coltello su di una lavagna.

LA TOMAIA: Qui discorso a parte ed importante. Punto cruciale di questa in un ambiente caldo è il tipo di concia a cui è stata sottoposta. La concia è il processo che permette alla pelle di diventare imputrescibile e di mantenere tutte le sue caratteristiche nel tempo. Ci sono due modalità di concia, quella vegetale e quella al cromo. La prima è assolutamente preferibile soprattutto nei periodi caldi perchè la pelle mantiene caratteristiche di traspirabilità molto elevate, difficilmente rilascerà colore su piedi-calze e riduce al minimo le reazioni allergiche. Di contro più difficilmente troverete scarpe con aspetto “luccicante” che abbiano il pellame conciato al vegetale. La concia al cromo da una base di colorazione alla pelle più stabile ed omogenea diciamo per cui poi le tinte riescono ad avere più facilmente certe tonalità ed a mantenerle inalterate.

Ecco del pellame trattato con concia al cromo, nella tipica colorazione che assume alla fine del processo.

Attenzione ho detto “difficilmente” non impossibile. L’effetto suddetto è ottenibile anche sul pellame “vegetale” ma la scarpa deve essere veramente di ottima fattura poiché il produttore si sarà prodigato con cere e tecnica per far si che assuma un tale aspetto.  Rispetto ad una pelle conciata al cromo, la tempra della pelle al vegetale è generalmente più rigida e compatta, anche se molto dipende dalle ricette e dagli ingrassi utilizzati. Il bello di questo pellame è che le sfumature sono sempre più evidenti con il passare del tempo.

D’altro canto è molto più semplice trovare scarpe a buon mercato che abbiano facilmente un’ aspetto più “formale” con concia al cromo in quanto le colorazioni che poi saranno possibili su questo tipo di pellame si presenteranno come totalmente uniformi, lucide, a specchio anche. Questo però permette di scovare questa caratteristica in quanto il rapporto qualità-aspetto-prezzo diventa più evidente. Quindi, se pensate di usarle senza calze scordatevelo perchè faranno soffrire il piede: suda, si gonfia e la reazione tra il sudore e i componenti di tomaia-fodera ( perchè una buona fodera se il prezzo non è adeguato difficilmente si trova) può portare facilmente ad irritazioni e cattivi odori.

Possiamo poi fare una breve digressione sulle scarpe da uomo in un’ altro materiale meraviglioso che è la RAFFIA. Qui l’abilità e l’attenzione di chi le produce deve essere a livelli altissimi per far si che dia quel comfort assoluto in condizioni di caldo torrido che solo un materiale simile può dare. TUTTO in essa deve essere di ottima qualità. Materiale morbidissimo e manovalanza esperta produrranno un articolo fresco, comodo, affascinante. Probabilmente la difficoltà maggiore nella produzione di una scarpa simile è far si che pur essendo SFODERATA non sfreghi sulla pelle del piede, assolvendo così al suo compito di scarpa sì di stile ma soprattutto confortevole nei climi più caldi.

Per me LA SCARPA del gentleman estivo in relax dovrebbe essere quella. Certo richiede un certo grado di savoir-faire e portamento spensierato che forse in Italia non è proprio parte del nostro bagaglio per quanto riguarda la scarpa maschile ATTUALMENTE ma nel passato era più semplice trovarla in certe zone d’Italia, quindi chissà non si possa assistere ad un ritorno. Al momento è più semplice trovarla di brand etraeuropei.

Ora andiamo brevemente in un’ altro tema che può rendere più o meno piacevole l’utilizzo di una calzatura senza calze: la vostra alimentazione. Pare incredibile vero ma quello che assumete giornalmente attraverso il cibo influenza vari fattori tra i quali l’acidità del vostro sudore. Non è certo una novità che il corpo espella tramite sudore alcuni principi assunti con l’alimentazione e che taluni siano così anche recepibili diciamo, all’olfatto. Quindi anche regolare la propria alimentazione può portare benefici in quanto il piede, nudo e costretto in un’ ambiente potenzialmente caldo, è una delle zone in cui mediamente si suda di più e unito al movimento questo crea un mix di fattori in grado di compromettere il comfort.

L’equilibrio tra l’assunzione di cibi acidificanti ed alcalinizzanti fa parte del benessere fisico

Mangiare cibi ricchi di zuccheri, alcool o con grado di acidità elevato è notorio non faccia bene né alla circolazione né al nostro fegato il quale, poveraccio, se intasato di certe sostanze non riesce ad elaborarle adeguatamente e trasmette a tutto il corpo questo malessere. Non ultimi i piedi che risulteranno più suscettibili di gonfiore e secrezioni acide che porteranno irritazione cutanea e odore sgradevole. Se in più aggiungete una vita sedentaria o magari ore seduti ad una scrivania potete ben immaginare quale sia il risultato. Quindi Evitare di usare scarpe senza calze anche se prevedete di muovervi poco, eviterete così il gonfiore. E non pensate di toglierle mentre sono gonfi, non riuscirete più a re-infilarle!

Quindi, eccoci arrivati alle conclusioni finali. Ripeto, conclusioni PERSONALI per quanto riguarda il gusto e lo stile.Se volete conservare un certo stile anche durante i mesi più caldi ma concedervi delle piccole digressioni si può fare se con gusto e un minimo di attenzione. A me piacciono un sacco le scarpe colorate in primavera-estate e non disdegno lo stile “socks-free”.

Gentlemans, a voi la scelta

Ma come sempre, buoni passi!

Giacomo

Come la “Generazione Z” cambierà il mondo?

La “Generazione Z” , ovvero i nati alla fine degli anni ’90, hanno un grande potere sul mondo futuro. E lo stanno già influenzando.

Hands holding the abbreviation Gen Z

Da quanto si legge “in giro” sono ancora troppi i brand che sottovalutano l’importanza della cosiddetta “generazione Z“, attribuendo scarso interesse ad una generazione definita troppo giovane per apprezzare i prodotti di punta di brand storici&classici. Una QUALSIASI realtà che si occupi di articoli lusso non può non tenere conto della generazione Z nel pianificare le proprie strategie commerciali per l’immediato futuro. Non è mai esistita una generazione tanto rapida, connessa, attenta ai cambiamenti, alla relazione tra uomo-ambiente e cresciuta in un momento di grande evoluzione. E’ una generazione che ha recepito il grosso salto dell’ultimo anno e non presterà attenzione a chi non rifletterà i valori che secondo loro sono importanti. Quindi è necessario fare in modo che le aziende, anche le più grandi, facciano attenzione, la generazione Z porta al momento tra il 10 e il 15% del valore del mercato del lusso e se non sono interessati ORA al vostro brand tantomeno lo saranno in futuro perchè sarete già stati scartati. Vivono alla velocità delle connessioni, interscambiano informazioni, studiano i prodotti, chi li fa, dove, come. E si stanno dimostrando anche grandi amanti dello stile classico possibilmente rivisitato. Quindi BEN VENGANO LE COLLABORAZIONI così che anche un brand abituato ad avere un acquirente medio nella fascia d’età più avanzata ha ottime possibilità di coinvolgimento se prende al volo l’occasione di reinventarsi sull’onda delle contaminazioni , dei nuovi materiali ecc…

Il che non vuol certo dire cambiare in toto la linea ma crearne una ad-hoc dimostrando anche flessibilità, curiosità ed intelligenza. E coraggio, cosa che non guasta in questo momento storico. Probabilmente anche chi si dovesse trovare a gestire una nuova realtà come questa dovrà essere di una qualche generazione più giovane rispetto a quanto siamo abituati ma sarebbe il caso che anche in Italia si cominciasse a pensarci. Il mondo al di fuori del nostro paese sta volando mentre qui si aspetta che “tutto torni come prima” senza tenere minimamente in conto il fatto che il prima ci ha portato alla situazione attuale e ritornarci non sarebbe fare un passo avanti vero un migliore futuro ma al classico MENO PEGGIO a cui siamo tanto affezionati ed abituati in Italia, quasi fosse la nostra zona di comfort più rappresentativa e congeniale.

Io vi consiglio di aprire gli occhi a nuovi orizzonti da conquistare sfruttando l’enorme know-how storico che il nostro paese ha per proiettarvi nel futuro. Che sarà diverso, mettetevi l’anima in pace.

HOW THE “Z GENERATION” WILL CHANGE THE WORLD?!

From what we read “around” there are still too many brands that underestimate the importance of the so-called “Generation Z”, attributing little interest to a generation defined too young to appreciate the flagship products of historic&classic brands. Any reality dealing with luxury items cannot but take generation Z into account when planning its business strategies for the immediate future. There has never been such a rapid generation, connected, attentive to changes, to the relationship between man-environment and grown in a moment of great evolution. It is a generation that has taken on board the big leap of the last year and will not pay attention to those who will not reflect the values that they believe are important. So it is necessary to make sure that companies, even the largest ones, be careful, generation Z brings at the moment between 10 and 15% of the value of the luxury market and if they are not interested NOW in your brand, much less they will be in the future because you have already been discarded.

They live at the speed of connections, they exchange information, they study products, who makes them, where, how. And they are also proving to be great lovers of the classic style possibly revisited. So welcome collaborations and even a brand accustomed to having an average buyer in the older age group has a very good chance of involvement if it takes the opportunity to reinvent itself in the wake of contamination, new materials etc…
This certainly does not mean changing the line in its whole but creating an ad-hoc one, also demonstrating flexibility, curiosity and intelligence. And courage, which is not bad at this historic moment.

Probably even those who have to manage a new reality like this will have to be some generation younger than we are used to but it would be appropriate if even in Italy we began to think about it. The world outside our country is flying while here he expects “everything to return as before” without taking into account the fact that the first one brought us to the current situation and returning there would not be a real step forward a better future but to the classic LESS WORST to which we are so fond and accustomed here in Italy , as if it were our most representative and congenial comfort zone.


I advise you to open your eyes to new horizons to be conquered by exploiting the enormous historical know-how that our country has to project you into the future. That will be different, put your soul in peace.

Alla fine il blog và su Youtube!!!!

Come comprare articoli di qualità senza avere sorprese dopo? Come prendersi cura delle scarpe? Cosa distingue i vari materiali? Nel blog e nel vlog troverete ogni settimana informazioni utili e pratiche.

Ebbene si, alla fine mi sono deciso ed ho aperto il canale youtube dedicato al sito. Al momento non ha nulla di perfetto; definizione, luci, scioltezza (!) però il concetto è chiaro e semplice; mettere alla portata di più persone possibili nozioni e strumenti per valutare le proprie calzature e futuri acquisti.

Come nel blog si parlerà un po’ di tutto ciò che riguarda calzature, shopping, sostenibilità, lavoro. Al momento i video sono tutti sulle scarpe, a parte uno, ma come vi ho appena detto si spazierà. Ovviamente se avete domande o suggerimenti oppure argomenti di cui vorreste avere una dimostrazione pratica farò in modo di potervi accontentare. Credo che certe cose viste in “diretta” siano più semplici da comprendere per chi non è proprio del mestiere o si stia avvicinando giusto ora al mondo della calzature.

Quindi bando alle ciance eccovi il link al canale Jack Babush – YouTube

Iscrivetevi ed avrete il classico avviso ogni volta che pubblicherò un video, cerco di mantenere la media di uno a settimana. Sto anche facendo in modo di essere il più possibile esaustivo in poco tempo, anche qui le vostre opinioni saranno molto importanti. Fatemi sapere.

CHE DIRE, CI VEDIAMO LI!

Giacomo.

Come è possibile?! Lusso = riparare ?!

Vogue pubblica un articolo magari banale per gli addetti ai lavori ma che può aprire nuovi orizzonti a chi finora ha acquistato inconsapevolmente

Buongiorno a tutti

Qualche giorno fa una persona che stimo ha portato la mia attenzione su di un’articolo di #Vogue che, squillino le trombe, afferma quanto segue: il vero lusso è poter riparare!!!! Mamma mia e chi lo avrebbe mai detto? Menomale che ci ha pensato Vogue sennò noi avremmo brancolato nel buio dell’ignoranza più bieca. Ironia a parte, alla buon’ora. E’ una cosa che chi frequenta il mondo dell’artigianato, del fatto a mano, del su misura, su ordinazione ecc ecc… sa da sempre. Però come spesso accade chi ci vive dentro dà per scontato che una cosa ovvia per lui lo sia altrettanto per buona parte del resto del mondo. Ovviamente non è così. Non saremmo qui a parlarne e i lettori di Vogue probabilmente in questi giorni non sarebbero illuminati da un cono di luce mistica…

Ora appurato questo il discorso finisce qui? Per qualcuno magari sì, per me no. Anzi, mi date il “LA” per martellare ancora di più di quanto non abbia già fatto negli anni prima. Perchè il discorso è lungo e se vogliamo anche un po’ complicato e in mezzo ci finisce sempre la mancanza di cultura, attenzione, informazione che avvolge il cliente medio indipendentemente dalla capacità di spesa. Vi spiego cosa intendo. Perchè c’è bisogno che un magazine come Vogue accenda la luce su di un concetto tanto semplice?

Perchè evidentemente negli ultimi 30 anni la spinta di buona parte del mercato globale è stata verso il “quando si rompe lo butto e via” per definire il lusso, l’agiatezza, la tranquillità economica. Questo ha portato l’utente medio a disinteressarsi delle qualità di ciò che comprava perchè nell’animo umano è da sempre insito l’istinto di dimostrare che si è “degni di….” o “uno scalino sopra a…” e per arrivare a poter dimostrare questo cosa c’è di più semplice, liberatorio e pompa-ego del poter buttare-e-ricomprare?

“Cattivik contro Berlusconi” 1992 (quanto ho scavato per ritrovarlo)

Ovviamente questo indipendentemente dal grado di benessere a cui si può aspirare; ricchi o poveri ognuno nel suo habitat ha per anni fatto o anelato di poter fare, così. Ciò, come già detto, probabilmente ha influenzato anche le abitudini dei figli e gli echi degli insegnamenti dei nonni erano ormai sempre più lontani. Con sommo gaudio dei brand eh, crederete mica che questa tendenza abbia offeso i nobili lignaggi dei marchi storici? Chi si straccerebbe le vesti se il cliente affezionato passasse dal far riparare ad acquistare un pezzo nuovo magari dello stesso brand? Andiamo ancora più in profondità, credete sia gratis mantenere manovalanza e sistema di gestione ricezione-valutazione-spedizione? Credete che un brand guadagni di più vendendo un paio di scarpe nuove top di gamma o riparandone? Credete sia facile la formazione del personale, mantenere un archivio dei pezzi, pellami, colori, forme? Credete sia gratis per un brand stoccare tutto questo? Come pensate si svuotino i magazzini di pezzi prodotti?

Quindi immaginate quanto sarà dispiaciuto a chi “tiene la contabilità” constatare che avrebbero potuto così abbassare le spese senza perdere in guadagni, ANZI era giunto il momento giusto per abbassare la qualità!!! EUREKA, nessuno dei nuovi clienti se ne sarebbe accorto perchè la cultura sta morendo ed era assolutamente importante continuasse così. E così è stato. Basta fare un giretto in una boutique di lusso qualsiasi, ve ne faccio un esempio al volo qui sotto:

Quelli in legno sono tacchi di lusso, che trovate solitamente (ormai quasi solamente) nelle scarpe su misura. Quelli con i puntini colorati sono tacchi in plastica che come potete vedere non sono prerogativa solo degli articoli da mercato. Attenzione, dico TACCHI non soprattacchi. Nelle foto ho evidenziato con puntini colorati le zone di fissaggio del soprattacco in plastica al tacco in plastica. Che all’interno sarà quasi completamente cavo, con un bel risultato: suonerà come un tamburo durante la camminata e si rischia di scivolare più facilmente perchè il soprattacco DEVE essere di plastica per reggere il lavoro e il peso ( appoggiati sul nulla ) e se comunque dovesse partire la riparazione non sarà né molto semplice né di sicura tenuta perchè la base su cui si lavora è farlocca. – Ma costano molto ugualmente.

COMINCIATE A SENTIRLA LA FREGATURA?

Ho passato anni in laboratori di riparazione di scarpe e borse, dalle più banalotte a quelle di lusso estremo. E sorrido quando un giornale si spertica in elogi di un brand che ripara calzature, per quanto sia una cosa assolutamente gradita. Sorrido perchè intanto non ci vuole molto a capire come mai esca ora un’articolo del genere e poi perchè mi domando se il giornalista abbia chiesto quanto tempo sia necessario per avere la scarpa riparata dal produttore e quale sia il prezzo. Io posso dirvi che in un periodo vicino della mia vita ho passato 2 anni ad un ritmo di 2 paia al giorno di calzature goodyear uomo a cui ho ripristinato la suola in toto portate da clienti che non volevano aspettare i tempi prospettati dai brand oppure, ed è peggio, non erano nemmeno al corrente che il brand da loro amato offrisse quel servizio. E questo è molto grave perchè finchè una scelta è dettata da una qualche convenienza di tempistica-economica è una scelta comunque personale ma quando è guidata da un’ignoranza qui c’è anche il “concorso di colpa” da parte del brand.( E anche a questo proposito avrei aneddoti ma poi ci dilunghiamo troppo.) Perchè o chi ha venduto la scarpa non ha ritenuto necessario farlo oppure… …

Ma ADESSO spuntano fanciulleschi aneddoti sulla tradizione della riparazione, 9 mesi fa era roba da poveracci. Se chi vende determinati articoli, qualunque essi siano, non mette in luce tra i pregi del prodotto la possibilità che esso sia riparabile grazie alle sue qualità… beh chi dovrebbe farlo?! Comunque, frecciate a parte, il problema di fondo resta sempre quello; cancellazione della cultura. Una mancanza sistematica, reiterata e grave per quanto concerne la percezione del reale VALORE DELLE COSE. Il loro valore viene dato dalla qualità e per lungo tempo alta qualità ha voluto dire possibilità di ripristino. Sempre da mani esperte ovvio ma la certezza di poter contare sul fatto che un oggetto fosse tanto ben realizzato/progettato da poter essere riparato N volte con pezzi originali o meno ma comunque la struttura lo avrebbe concesso, sopportato. E sarebbe tornato utilizzabile. E più sono i pezzi indipendenti tra loro più accurata ed efficace può essere la riparazione. E più sono questi pezzi più lavoro c’è dietro sia di realizzazione che di progettazione. Quindi è costato di più produrlo ma con un’ intento ben preciso che non sarà stato quello di spennare il cliente ma anzi, conquistarlo con un’ oggetto che possa accompagnarlo nel tempo e nella vita. Io ho articoli che hanno 15-20-35 anni e a volte mi fermo a pensare guardandoli, cosa hanno affrontato, visto, superato nella vita assieme a me. E ne hanno i segni, fisici, ma sono bellissimi anche per questo.

E quindi si, sostenibile è ciò che può non solo durare a lungo ma soprattutto che possa essere riparato, modificato perchè così facendo porta a un minor numero di acquisti. L’impronta ecologica di un articolo simile sarà sempre più bassa di quello di un usa-e-getta e anche la resa economica sarà ben diversa. E cercate anche nei mercatini, perchè no io lo faccio sempre e trovo ottimi affari che durano anni. Poi date spazio alla fantasia facendo modificare o adattare e così darete anche lavoro a qualcun’altro. E pensate a quanto positivo sarà l’impatto di quell’articolo sull’economia. Che diventa davvero circolare.

Il sottoscritto mentre prova un montone d’epoca in un negozio dell’usato a Milano; un capo che 30 anni fa costava quanto una moto.

Quindi volete essere più sostenibili? 1) Comprate meno ma di vera qualità che non viene data sempre dal prezzo 2) quando comprate domandate quante più informazioni possibili al negoziante, anche se offrono loro stessi un servizio di riparazione ad esempio 3) fatevi una cultura di base per quanto riguarda i material 4) cercate anche nell’usato “di razza”, avrete grandissime sorprese. Il sermone è finito, andate in pacifica sostenibilità e che San Vogue continui a rinfrescare le giovani menti sui principi essenziali del bello&benfatto nonché criteri di sostenibilità vera. Dopotutto come dico spesso l’importante è che qualcuno con adeguata “potenza di fuoco” accenda i riflettori su di un’ argomento utile a tutti.

Io, che non ho quel seguito, continuerò a farlo sperando si aggiungano altri. Buoni passi e a presto.

Giacomo

COME SIAMO NOI DEGLI ANNI ’80 (o quasi) ?!

Come stiamo influenzando questo momento storico noi nati negli ultimi anni 70 – inizio 80? E come lo stiamo vivendo?

Buongiorno a tutti; sono nato nel 1977, ho 43 anni e qualcosina ed ora cercherò di analizzare come questo abbia influito sul mio modo di percepire ed affrontare certi argomenti.

L’argomento principe in questione sarà la sostenibilità, il riciclo ed il riuso. Stavamo affrontando in un post su Linkedin il tema del come mai in Italia non ci siano grandi brand che abbiano fatto della sostenibilità la loro principale bandiera, esponendo i capi creati con questo principio in prima linea nelle vetrine e nei social, spiegando perchè questo sia importante e come ci si possa arrivare.

Si ragionava sulla questione se l’italiano medio fosse pronto ad affrontare seriamente un argomento del genere e se non lo sia, come mai. Così ho pensato a me ed alla maggior parte delle persone che conosco che sono tutti se non coetanei, quasi. E cosa ci accomuna di più se non il periodo in cui siamo nati & cresciuti? Un periodo direi di benessere in Italia, in cui le nostre famiglie potevano cominciare a godere di un certo benessere cercando di trasmettere anche a noi questo status mentale. Negli anni ’80 si ebbe un certo boom, che fosse reale o “pompato” non importa perchè in quel periodo noi ragazzi vivevamo con i primi cartoni animati giapponesi; quindi una certa visione del futuro, pubblicità martellanti che spingevano ad acquistare beni inutili ma stilisticamente affascinanti e strutturalmente “avanti”, cibo spazzatura super colorato e dolcificato.

Ed in tv ed al cinema venivano proposti concetti di successo legati alla furbizia, l’ostentazione, l’arrivismo, il farcela ad ogni costo (vi ricordo le serie di cinepanettoni o film tipo “una poltrona per due” che parla di tutto fuorchè principi sani ma da 30 anni film cult italiano… fatevi 2 conti ) . Non ultimo il movimento dei “PANINARI” ricordate? Brand all’ennesima potenza con i primi schieramenti di fan ed articoli super visibili e costosi anche se, spesso, di buona qualità (ma questa è un’altra storia)

Quei ragazzi al momento hanno appunto 40-50 anni ed hanno un background culturale così: usa e getta, nuovo e più grande è meglio, tutto ciò che non ne fa parte è da perdenti o “nerds”. E da qualche parte questo è rimasto infondoinfondo in noi. E non crediate che questo sia sfuggito al mercato, per cosa credete siano fatte certe campagne che sfruttano l’effetto nostalgia, chi credete che sia il target? NOI, che ora possiamo permetterci quello che all’epoca dovevamo chiedere ai genitori di comprarci.

Comunque, ora i componenti di questa generazione si trovano anche nei “posti di comando” di molte aziende, hanno un potere d’acquisto e famiglie. E tutto questo verrà in parte influenzato da quel background, arrivando in una certa misura consapevolmente o meno anche ai figli.

E così arriviamo alla questione sostenibilità. Ho pensato per quanto tempo non avessi granchè considerato questo fattore o rispetto del sistema mondo inteso come ecologia e il prossimo tuo. Saranno 4 anni non di più che mi interesso di ciò e vedo la vastità delle implicazioni che comporta. Da un lato abbiamo ancora una certa reattività e ricettività mentale che ci aiuta ad accogliere certi concetti, da un lato però siamo anche tra quelli che psicologicamente stiamo subendo di più l’impatto del crollo di un sistema simile, soprattutto quest’anno. Molti brand per noi storici non esistono più ed uno di questi, Rifle, è appena fallito. Altro colpo. Tutto il vecchio background sta crollando, lo sperpero non è più nemmeno immaginabile per molti e ci si accorge di quanto tutto abbia influenzato profondamente il mondo di oggi.

Le connessioni web impongono che non ci si caxxeggi solamente, ma ci si informi e si entri a far parte davvero di un mondo interconnesso su tutti i livelli. Eravamo abituati ad identificare i “VERDI” come una comunità di strani fricchettoni naif, se non addirittura COMUNISTI (!) che si facevano un sacco di problemi inutili riguardo ad un sistema mondo che vedevano come assolutamente distante ed ininfluente. Era superfluo, lo abbiamo etichettato come tale e ce lo siamo portati dietro fino ad oggi. Tutt’ora faticano a trovare spazio questi argomenti all’interno della campagne pubblicitarie, all’interno degli obiettivi dei brand, all’interno delle stesse produzioni dove qualità è ancora adesso meno importante di quantità. Ed ora, pianopiano, ci stiamo accorgendo che probabilmente avevano ragione “loro” ad occuparsene prima. E dovremmo -dovremo- rimetterci in discussione su tutto. Ce la faremo? E in quanti, e saremo in tempo per farlo? E i nostri figli, come e cosa recepiranno di questo?

Io dico che siamo in tempo, che abbiamo la testa e le conoscenze giuste per farlo perchè siamo nati e cresciuti a cavallo di due momenti storici cruciali e fondamentali per il pianeta e dobbiamo usare questo come risorsa: costruire il futuro attingendo anche da quel passato che abbiamo vissuto NON TROPPO tempo fa. E conviene darsi da fare perchè mente noi qui stiamo a pensare che non sia tutto così importante e molti vorrebbero che dopo tutto questo tracollo il mondo commerciale tornasse come prima, il resto del globo và avanti. Da fiducia alla visione di brand giovani, a nuovi materiali, al riavvicinarsi a concetti che erano stati dati per spacciati, quali il “second-hand” , il riuso o la trasformazione di articoli datati in articoli attualizzati.

L’ho già detto un’altra volta: siamo stati a lungo il punto di riferimento della moda e della sua evoluzione e massima espressione di qualità ma questo primato non si mantiene solo dormendo sugli allori. Altri popoli stanno scoprendo questo mondo e facendo propria una certa cultura del bello e ben fatto, imparando a esserne loro stessi i creatori ed ambasciatori di meraviglia nel mondo. Diamoci da fare. Dobbiamo riformare la cultura di ciò che è bello e ben fatto (non solo a livello di materiali ma anche di responsabilità sociale ) a prescindere dal brand appiccicato sopra. Ed abbiamo la responsabilità di farlo anche dei confronti dei nostri figli. DIAMOCI DA FARE.

Buoni passi e a presto.

Giacomo.

Come amare l’alta moda…

… se non viene consentito neppure vederla? A questo proposito ha destato scalpore la notizia che il giorno 26 settembre 2020 Giorgio Armani per la prima volta ha fatto sfilare la sua linea per la stagione primavera-estate in diretta tv su di una rete privata, LA7 per la precisione. E io direi anche un bel “era ora!”

Si perchè tutta questa segretezza, questo alone così effimero di esclusività ha allontanato la gente non tanto dal lusso ma dal sogno che esso rappresenta per molti. E’ vero ci sono i vari social e bla-bla-bla ma vi assicuro che assistere ad una sfilata vera e propria è tutta un’altra storia, sensazione, coinvolgimento rispetto al vedere 4 foto sul web. Perchè le sfilate non son mica preparate da 4 scappati di casa eh! C’è un filo conduttore che regola lo show, le musiche, le luci ed oggi come oggi che un buon 70% della popolazione ha in casa almeno un megaschermo turbo3D potete immaginare cosa voglia dire assistervi anche solo a distanza!

Che ben vengano gli show, i dietro le quinte, le spiegazioni, i particolari, le curiosità, i prezzi stratosferici riferiti a lavorazioni al limite del sogno perchè così si coinvolge, si incuriosisce, si stimola la fantasia anche dei più giovani che oltre a dire “un giorno anch’io sfilerò per Lui” magari azzarderanno anche un “un giorno io sarò un sarto più bravo di Lui” !!! Gli abiti che ammirate all’interno delle boutique più prestigiose non appaiono per miracolo pronti&fatti, ma sono il lavoro di persone che svolgono un ruolo essenziale nel successo del brand.

Il lusso è stato per decenni qualcosa il cui valore si poteva percepire al solo sguardo, senza doverne vedere il prezzo che anzi quasi mai veniva esposto così da caricarne ancora di più la simbologia di oggetto per pochi. Ma era facile riconoscerlo, anche per i non addetti ai lavori.

Aveva quella carica di esclusività che la sovraesposizione inconsulta di oggi ha praticamente azzerato riducendolo ad un fast-fashion per ricchi ed arricchiti. Anche per questo è importante un ritorno a ritmi più attinenti al reale scorrere delle stagioni/collezioni. Attualmente non si riesce ad apprezzare un oggetto nel suo complesso che già te ne viene proposto un’ altro. Pensare, desiderare, pianificarne l’acquisto sono tutte fasi che il cliente sopratutto di lusso/alta moda deve poter gustare, apprezzare anche per avere la sensazione di ritorno di qualcosa di realmente esclusivo. Ed Armani, fatalità, è stato ancora una volta il primo a capirlo. Poi, se avete visto la sfilata capirete perchè sia considerato tutt’ora “Re Giorgio”; capi da sogno pur essendo dotati di linee e colori assolutamente sobri ed eleganti pur restando contemporanei.

Io credo, nel mio piccolo, che si dovrebbe ascoltare il sentire di un artista che da decenni e senza cali detta legge e linee in un mondo tanto variegato quanto è quello della moda.

Perchè se questa capacità non fosse appannaggio di pochi allora non saremmo qui a parlarne,motivo in più per darle valore e attenzione.

Il lusso VA mostrato ma con l’intenzione di farne percepire non solo il valore economico ma sopratutto quello simbolico dato dai materiali e dalla manodopera inarrivabile alla massa, quindi ben più esclusivo.

Invece negli ultimi anni, dato che la situazione economica ha portato sempre più alla scomparsa della classe medio-spendente, molti hanno puntato sul far credere che il lusso potesse essere inteso anche solamente come un fatto dipendente unicamente dal brand. Così si sono resi accessibili alcuni articoli con un prezzo alto-ma-non-troppo puntando sul senso di prestigio sentito da parte dell’acquirente ma facendone, di fatto, sparire l’anima che ne ha portato la nascita. E la cultura che ne derivava.

Quindi non credo ci sia nulla di male, anzi, nel riportare sotto i riflettori quanto di più bello uno stilista sia in grado di creare. E che la gente venga FOLGORATA da un tale show e dimostrazione di maestria tanto da cominciare a riflettere su cosa veramente sia moda, cosa sia qualità e come ottenere articoli che possano il più possibile coniugare queste caratteristiche con prezzi a loro accessibili.

Una volta si diceva chi più spende meno spende perchè ad un alto prezzo corrispondeva un’ altrettanto elevata qualità. Quindi l’oggetto in se aveva una durata maggiore. Aiutare a riformare il gusto per tutto ciò, la cultura di ciò dovrebbe essere il compito di chi vive, chi respira il bello, il ben fatto, la passione della creazione. E diffondere questo il più possibile può innescare un circolo virtuoso che porterebbe benefici al commercio, alle relazioni interpersonali, alla salute dell’ambiente. Per chi l’avesse persa ecco il link alla sfilata di Armani all’ultima Milano Fashion Week, spero sia ancora visibile quando leggerete questo :

https://milanofashionweek.cameramoda.it/it/brands/giorgio-armani-sfilata/

Se davvero si vuole fare un passo indietro per recuperare certi principi e riportarli al di fuori di circoli ristretti serve anche questo e i grandi stilisti potrebbero essere il volano di un’altro grande cambiamento, stavolta più consapevole.

Buoni passi

Giacomo.

CAMBIERA’ LO SHOPPING??

VOI CHE LEGGETE L’ARTICOLO AL LINK QUI SOTTO…

I negozi valutano saldi a settembre

Cosa ne pensate? VOI avevate preso in considerazione i saldi per i vostri prossimi acquisti? Ma sopratutto, avrà ancora senso parlare di saldi in futuro o perlomeno così come vengono gestiti oggi? C’è davvero qualcuno convinto che tutto questo non avrà conseguenze sul modo di vedere gli acquisti da parte delle persone, sul cambio di priorità, sulle possibilità di spesa, sull’approccio al nuovo. Come se -puf- passa la nuvoletta e giusto il tempo di asciugarsi un po’ e si ricomincia tutto come prima. Smaltire l’invenduto va bene, nulla deve andare sprecato e buttato ora più che mai MA se fatto in un’ottica nell’immediato futuro di cambio radicale del sistema produzione-vendita.

A riguardo condivido la posizione del Sig. Saverio Severini nell’articolo: In primis rallentare i tempi della moda, le risorse utilizzate per imbastire tutto il “circo” di cui vive e che serve a tenere in un costante stato di attenzione l’utente finale per non fargli perdere mai interesse verso l’argomento. Così da indurre l’istinto di emulazione dei vari testimonial fino al momento in cui viene dato libero sfogo a questo a tutti i livelli, anche e sopratutto di prezzo. Prezzo FINALE, senza tener conto di qualità sia del prodotto che della vita di chi produce. Che produce letteralmente montagne di articoli con miriadi di varianti, una sovrapproduzione che poi HA BISOGNO dei saldi per addirittura un mese o più, altrimenti come smaltisci non una ma spesso più stagioni residue ?

 

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Perchè c’è da cambiare il rapporto con il cliente non solo a livello di vendita ma sopratutto a livello di cultura, tornare a far percepire il valore reale di ciò che si vende, ed anche la DIFFERENZA di qualità tra prodotti con grosse differenze di prezzo ma magari estetica simile. Basta illudere la massa, l’effettivo rapporto qualità-prezzo deve tornare ad essere chiaro a tutti. Così tutti i livelli beneficeranno di una produzione ed un consumo più equilibrati. Ma solo chi fa e sopratutto vende può dare la spinta per questo processo. Trattando il cliente in maniera più attenta, facendolo sentire seguito e anche guidato verso ciò che più è adatto a lui/lei.

E così risvegliamo l’interesse, poi supportato dalle infinite possibilità di informazione del mondo di oggi. Chi lavora “nel bello” dovrebbe sentire una sorta di responsabilità verso ciò, perchè come fa un maestro elementare può iniziare a formare chi si trovi letteralmente a digiuno di nozioni a riguardo. E sappiatelo, nell’immediato futuro il mercato ALTO non guarderà più il brand, ma l’esclusività data dal prezzo rapportato al pezzo unico.

Fatemi sapere che ne pensate

Buoni passi

Giacomo.

 

RITORNO AL FUTURO!

Vedete il “ragazzo” con il cappellino? È Matteo Ward ed ho avuto il piacere di ascoltarlo alla scorsa Venice Fashion Week.

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Vi assicuro che sentirlo parlare, conoscere la sua storia e quel che fa è davvero fonte di energia e ispirazione. Oggi più che mai c’è necessità di rivoluzione. O meglio, di un ritorno a quelle basi che hanno consentito l’evoluzione della nostra società e dei cosiddetti “mestieri” in primis; ovviamente adattato, trasportato nell’era odierna ed alle sue necessità senza lasciarsi alle spalle valori e principi base. Lui lo ha fatto, guardatevi il video e capirete come sia possibile la fusione di tradizione e futuro, ora più che mai. Abbiamo assolutamente mezzi e cervelli adatti a farlo, noi Italiani poi!!! Con l’inventiva e lo spirito di adattamento che ci contraddistingue da sempre potremmo creare un nuovo modello di fusion-industry primo al mondo….

Non credo sia più tempo di passeggiare, si rischia di restar indietro in questa occasione incredibile che questo momento storico ci sta consegnando; quando ci si potrebbe aspettare più recettività?!

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L'essenza del Lusso

Potete non credermi, ma queste sono un paio tra le più esclusive e costose calzature al mondo. Vengono create solo ed esclusivamente su ordinazione e su misura.

Una volta che la scarpa è pronta viene posizionata in una fossa, nel terreno, all’aperto e coperta da un vetro ad alta resistenza. E li aspetta, mediamente 4 anni, che la natura faccia il suo lavoro. Pioggia, neve, freddo, caldo, fango daranno alla pelle che le compone sfumature assolutamente irreplicabili. Come queste.

Come potete vedere una volta estratte sono inutilizzabili. I pellami e i punti delle cuciture sono estremamente provati ma vi sfido a sottoporre ad un simile trattamento calzature composte con materie prime sotto al livello di eccellenza. Non rimarrebbe nulla.

Queste resistono e quando il cliente desidera verranno estratte, pulite, smontate e rimontate con annessa lucidatura, ricostruzione suola e rifinitura allo stato dell’arte.

Ed ecco qualcosa che nessuno al mondo potrà MAI avere uguale a voi. Vogliamo prendere appuntamento?
http://www.jackbabush.com

IL MADE IN ITALY VIVE !

Le nostre eccellenze non sono seconde a nessuno; molte brillano da anni ed hanno una storia riconosciuta in tutto il mondo. Tante altre vivono in una zona di penombra, costrette a combattere per resistere in un’epoca in cui, accettare la mediocrità come standard, sembra sia la norma.

Poche si trovano in un Olimpo sconosciuto ai più, ma nel quale rappresentano un punto di riferimento per gli appassionati.

Fortunatamente c’è una persona che si sta dando da fare in modo che OGNI realtà italiana che lo meriti veda riconosciuto il suo valore.

Maria Laura Berlinguer, con la sua intraprendenza e curiosità sta esplorando il nostro bel paese e tramite il suo sito mette a Vostra disposizione una selezione di queste eccellenze.

La cosa meravigliosa è che spazia veramente in ogni campo.

Mi sento davvero onorato di farne parte.

Ecco l’articolo che ha scritto sulla mia storia…

Jack Babush consigli e suggerimenti sulle scarpe

Grazie!