COME SIAMO NOI DEGLI ANNI ’80 (o quasi) ?!

Come stiamo influenzando questo momento storico noi nati negli ultimi anni 70 – inizio 80? E come lo stiamo vivendo?

Buongiorno a tutti; sono nato nel 1977, ho 43 anni e qualcosina ed ora cercherò di analizzare come questo abbia influito sul mio modo di percepire ed affrontare certi argomenti.

L’argomento principe in questione sarà la sostenibilità, il riciclo ed il riuso. Stavamo affrontando in un post su Linkedin il tema del come mai in Italia non ci siano grandi brand che abbiano fatto della sostenibilità la loro principale bandiera, esponendo i capi creati con questo principio in prima linea nelle vetrine e nei social, spiegando perchè questo sia importante e come ci si possa arrivare.

Si ragionava sulla questione se l’italiano medio fosse pronto ad affrontare seriamente un argomento del genere e se non lo sia, come mai. Così ho pensato a me ed alla maggior parte delle persone che conosco che sono tutti se non coetanei, quasi. E cosa ci accomuna di più se non il periodo in cui siamo nati & cresciuti? Un periodo direi di benessere in Italia, in cui le nostre famiglie potevano cominciare a godere di un certo benessere cercando di trasmettere anche a noi questo status mentale. Negli anni ’80 si ebbe un certo boom, che fosse reale o “pompato” non importa perchè in quel periodo noi ragazzi vivevamo con i primi cartoni animati giapponesi; quindi una certa visione del futuro, pubblicità martellanti che spingevano ad acquistare beni inutili ma stilisticamente affascinanti e strutturalmente “avanti”, cibo spazzatura super colorato e dolcificato.

Ed in tv ed al cinema venivano proposti concetti di successo legati alla furbizia, l’ostentazione, l’arrivismo, il farcela ad ogni costo (vi ricordo le serie di cinepanettoni o film tipo “una poltrona per due” che parla di tutto fuorchè principi sani ma da 30 anni film cult italiano… fatevi 2 conti ) . Non ultimo il movimento dei “PANINARI” ricordate? Brand all’ennesima potenza con i primi schieramenti di fan ed articoli super visibili e costosi anche se, spesso, di buona qualità (ma questa è un’altra storia)

Quei ragazzi al momento hanno appunto 40-50 anni ed hanno un background culturale così: usa e getta, nuovo e più grande è meglio, tutto ciò che non ne fa parte è da perdenti o “nerds”. E da qualche parte questo è rimasto infondoinfondo in noi. E non crediate che questo sia sfuggito al mercato, per cosa credete siano fatte certe campagne che sfruttano l’effetto nostalgia, chi credete che sia il target? NOI, che ora possiamo permetterci quello che all’epoca dovevamo chiedere ai genitori di comprarci.

Comunque, ora i componenti di questa generazione si trovano anche nei “posti di comando” di molte aziende, hanno un potere d’acquisto e famiglie. E tutto questo verrà in parte influenzato da quel background, arrivando in una certa misura consapevolmente o meno anche ai figli.

E così arriviamo alla questione sostenibilità. Ho pensato per quanto tempo non avessi granchè considerato questo fattore o rispetto del sistema mondo inteso come ecologia e il prossimo tuo. Saranno 4 anni non di più che mi interesso di ciò e vedo la vastità delle implicazioni che comporta. Da un lato abbiamo ancora una certa reattività e ricettività mentale che ci aiuta ad accogliere certi concetti, da un lato però siamo anche tra quelli che psicologicamente stiamo subendo di più l’impatto del crollo di un sistema simile, soprattutto quest’anno. Molti brand per noi storici non esistono più ed uno di questi, Rifle, è appena fallito. Altro colpo. Tutto il vecchio background sta crollando, lo sperpero non è più nemmeno immaginabile per molti e ci si accorge di quanto tutto abbia influenzato profondamente il mondo di oggi.

Le connessioni web impongono che non ci si caxxeggi solamente, ma ci si informi e si entri a far parte davvero di un mondo interconnesso su tutti i livelli. Eravamo abituati ad identificare i “VERDI” come una comunità di strani fricchettoni naif, se non addirittura COMUNISTI (!) che si facevano un sacco di problemi inutili riguardo ad un sistema mondo che vedevano come assolutamente distante ed ininfluente. Era superfluo, lo abbiamo etichettato come tale e ce lo siamo portati dietro fino ad oggi. Tutt’ora faticano a trovare spazio questi argomenti all’interno della campagne pubblicitarie, all’interno degli obiettivi dei brand, all’interno delle stesse produzioni dove qualità è ancora adesso meno importante di quantità. Ed ora, pianopiano, ci stiamo accorgendo che probabilmente avevano ragione “loro” ad occuparsene prima. E dovremmo -dovremo- rimetterci in discussione su tutto. Ce la faremo? E in quanti, e saremo in tempo per farlo? E i nostri figli, come e cosa recepiranno di questo?

Io dico che siamo in tempo, che abbiamo la testa e le conoscenze giuste per farlo perchè siamo nati e cresciuti a cavallo di due momenti storici cruciali e fondamentali per il pianeta e dobbiamo usare questo come risorsa: costruire il futuro attingendo anche da quel passato che abbiamo vissuto NON TROPPO tempo fa. E conviene darsi da fare perchè mente noi qui stiamo a pensare che non sia tutto così importante e molti vorrebbero che dopo tutto questo tracollo il mondo commerciale tornasse come prima, il resto del globo và avanti. Da fiducia alla visione di brand giovani, a nuovi materiali, al riavvicinarsi a concetti che erano stati dati per spacciati, quali il “second-hand” , il riuso o la trasformazione di articoli datati in articoli attualizzati.

L’ho già detto un’altra volta: siamo stati a lungo il punto di riferimento della moda e della sua evoluzione e massima espressione di qualità ma questo primato non si mantiene solo dormendo sugli allori. Altri popoli stanno scoprendo questo mondo e facendo propria una certa cultura del bello e ben fatto, imparando a esserne loro stessi i creatori ed ambasciatori di meraviglia nel mondo. Diamoci da fare. Dobbiamo riformare la cultura di ciò che è bello e ben fatto (non solo a livello di materiali ma anche di responsabilità sociale ) a prescindere dal brand appiccicato sopra. Ed abbiamo la responsabilità di farlo anche dei confronti dei nostri figli. DIAMOCI DA FARE.

Buoni passi e a presto.

Giacomo.

Cofra

Buongiorno!

Come preannunciato poco tempo fa sui social, grazie alla collaborazione con una ditta di giardinaggio, ho potuto testare “sul campo” un paio di scarpe antinfortunistiche della COFRA.

Le avevo viste on-line e mi è piaciuto subito il loro stile, assolutamente differente dai soliti “sarcofagi” a cui siamo abituati.

Vi posso anticipare che sono molto leggere, confortevoli e pratiche.

Nella mia variegata vita lavorativa ho avuto modo di utilizzarne diversi modelli e qui il passo in avanti è notevole.

Eccole qui

La tomaia è totalmente in tessuto di grosso spessore -per delle sneakers- con il rivestimento esterno in denim. La fodera, come potete vedere dalle foto, ha una struttura che favorisce MOLTO la traspirazione del piede. L’accoppiata è robusta e conferisce una buona protezione da urti di media entità pur permettendo una grande flessibilità.

In questo aiuta decisamente il sottopiede, di una qualità non semplice da trovare anche in sneakers classiche di brand molto conosciuti. Questo è anatomico, antistatico e nella zona tacco ha uno spessore di ben 15mm. Gli shock sono adeguatamente ammortizzati. Lo strato superiore è in tessuto antibatterico, ed effettivamente si sente.

Venezia ha un clima moooolto umido ed in estate scarpe simili possono diventare delle saune in miniatura. Per questo ho voluto testarle in questa stagione. Per carità, impossibile non sudare. Però il piede esce non “ammollato” e gonfio, e non è cosa da poco dopo 8h di lavoro sotto il sole.

Come potete vedere è abbondantemente traforato con buchi precisi, ben definiti.

Il piede all’interno si trova quasi immediatamente a suo agio, entrare è facile anche lasciando solamente due buchi vuoti in zona caviglia. Si viene avvolti dalla scarpa che trasmette la sensazione di seguire esattamente il movimento del piede con una sensazione davvero bella di sicurezza nel passo.

Le cuciture sono accurate, robuste, nei punti cardine sono multiple e piccolo vezzo, sono a contrasto. Rosse.

Il puntale è in gomma, spessa, con rinforzo interno in alluminio in grado di reggere urti fino a 200 joule.

Il contrafforte è davvero robusto ed assicura anche alla zona del tallone una buona protezione.

Scordatevi il vecchio sistema della lamina in acciaio per evitare la perforazione della suola da parte di oggetti appuntiti. Qui il compito viene svolto da un tessuto anti-perforazione che protegge tutta la zona piede mantenendo inalterata la flessibilità. Ed il peso.

Passiamo alla suola. Altro punto cardine nella mia scelta. La volevo sia flessibile che antiscivolo.

Risultato raggiunto. Si muove benissimo; son saltato tra barche, rive, tronchi e quant’altro senza il minimo momento d’incertezza. La mescola è a bi-densità, resiste ad olii ed idrocarburi e il battistrada è scolpito in maniera tale da avere un effetto autopulente. Che funziona benone, il fango viene eliminato alla svelta.

Qui arriva un PERO’ …!

All’inizio l’idea era di utilizzarle per un periodo di 2 settimane. Fattostà che esattamente dopo due settimane mi accorgo che la suola si stava SPEZZANDO. Il battistrada per la precisione.

Sulla scarpa SX erano evidenti due punti in cui il materiale stava cedendo vistosamente.

Dopo l’iniziale delusione ho contattato il venditore. Il quale, dopo aver ricevuto -via whatsapp- le foto dimostranti il problema, mi ha sollecitato ad interromperne immediatamente l’utilizzo ed a renderle. Sono state cambiate subito con un paio dello stesso modello.

Che ho rimesso alla prova per altre 2 settimane, per par-condicio.

Come è andata? Tutto riconfermato e suola ancora integra. Inconvenienti che possono capitare, l’importante è che il fornitore sia celere e puntuale nell’accogliere ed aiutare il cliente. In questo ha un gran peso anche il brand produttore, che non deve rendere la “vita difficile” al proprio rivenditore per resi e sostituzioni del materiale acquistato.

Tornando alla suola, mi sento di sconsigliare queste scarpe per un’utilizzo simile a quello fatto da me.

Non perchè non siano in grado di svolgere il loro compito, anzi, ma il problema resta quello della durata. Per avere una suola flessibile ed aderente la mescola deve essere più morbida di quella mediamente utilizzata nelle calzature antinfortunistiche che vengono abitualmente scelte per svolgere certi lavori. L’abrasione è costante su terreni sconnessi e anche difficili. Ribadisco la perfettta tenuta ma dopo due settimane si notano certe “sbucciature” dei tasselli nella zona del tacco. Gli stessi non sono molto pronunciati e di qui l’usura precoce e più evidente.

Quindi credo che una scarpa simile possa essere perfetta per impieghi in officina, falegnameria, costruzione ponteggi e palchi, idraulico, elettricista, serramentista ecc… ecc…

Ovunque il piano di calpestio sia abbastanza regolare.

Personalmente ho il piede con pianta larga, magro e con collo poco pronunciato, quindi le osservazioni di comfort di cui sopra vanno riferite a strutture similari.

L’allacciatura è fitta e la capacità di ritenere il piede è buona anche lasciando più “aria” alla zona del collo. Quindi molto probabilmente risulteranno confortevoli anche a chi avesse questa zona del piede più pronunciata. Di contro non credo lo possano essere per chi si trovi ad avere un piede con struttura-ossatura più grossa; come detto prima sono molto avvolgenti e questa sensazione viene data velocemente dalla tomaia che necessita davvero di poco,dalla posizione neutra, per aderire al piede.

Nella confezione, ultima piccola chicca, vengono fornite con due paia di lacci. Molto robusti, un paio rosso ed un paio bianco.

E con questo è tutto; come al solito resto a disposizione per eventuali informazioni aggiuntive, chiarimenti, perplessità.

Per info, collaborazioni e consulenze:

Info@jackbabush.com

+393487986855

IL MADE IN ITALY VIVE !

Le nostre eccellenze non sono seconde a nessuno; molte brillano da anni ed hanno una storia riconosciuta in tutto il mondo. Tante altre vivono in una zona di penombra, costrette a combattere per resistere in un’epoca in cui, accettare la mediocrità come standard, sembra sia la norma.

Poche si trovano in un Olimpo sconosciuto ai più, ma nel quale rappresentano un punto di riferimento per gli appassionati.

Fortunatamente c’è una persona che si sta dando da fare in modo che OGNI realtà italiana che lo meriti veda riconosciuto il suo valore.

Maria Laura Berlinguer, con la sua intraprendenza e curiosità sta esplorando il nostro bel paese e tramite il suo sito mette a Vostra disposizione una selezione di queste eccellenze.

La cosa meravigliosa è che spazia veramente in ogni campo.

Mi sento davvero onorato di farne parte.

Ecco l’articolo che ha scritto sulla mia storia…

Jack Babush consigli e suggerimenti sulle scarpe

Grazie!