Come è possibile?! Lusso = riparare ?!

Vogue pubblica un articolo magari banale per gli addetti ai lavori ma che può aprire nuovi orizzonti a chi finora ha acquistato inconsapevolmente

Buongiorno a tutti

Qualche giorno fa una persona che stimo ha portato la mia attenzione su di un’articolo di #Vogue che, squillino le trombe, afferma quanto segue: il vero lusso è poter riparare!!!! Mamma mia e chi lo avrebbe mai detto? Menomale che ci ha pensato Vogue sennò noi avremmo brancolato nel buio dell’ignoranza più bieca. Ironia a parte, alla buon’ora. E’ una cosa che chi frequenta il mondo dell’artigianato, del fatto a mano, del su misura, su ordinazione ecc ecc… sa da sempre. Però come spesso accade chi ci vive dentro dà per scontato che una cosa ovvia per lui lo sia altrettanto per buona parte del resto del mondo. Ovviamente non è così. Non saremmo qui a parlarne e i lettori di Vogue probabilmente in questi giorni non sarebbero illuminati da un cono di luce mistica…

Ora appurato questo il discorso finisce qui? Per qualcuno magari sì, per me no. Anzi, mi date il “LA” per martellare ancora di più di quanto non abbia già fatto negli anni prima. Perchè il discorso è lungo e se vogliamo anche un po’ complicato e in mezzo ci finisce sempre la mancanza di cultura, attenzione, informazione che avvolge il cliente medio indipendentemente dalla capacità di spesa. Vi spiego cosa intendo. Perchè c’è bisogno che un magazine come Vogue accenda la luce su di un concetto tanto semplice?

Perchè evidentemente negli ultimi 30 anni la spinta di buona parte del mercato globale è stata verso il “quando si rompe lo butto e via” per definire il lusso, l’agiatezza, la tranquillità economica. Questo ha portato l’utente medio a disinteressarsi delle qualità di ciò che comprava perchè nell’animo umano è da sempre insito l’istinto di dimostrare che si è “degni di….” o “uno scalino sopra a…” e per arrivare a poter dimostrare questo cosa c’è di più semplice, liberatorio e pompa-ego del poter buttare-e-ricomprare?

“Cattivik contro Berlusconi” 1992 (quanto ho scavato per ritrovarlo)

Ovviamente questo indipendentemente dal grado di benessere a cui si può aspirare; ricchi o poveri ognuno nel suo habitat ha per anni fatto o anelato di poter fare, così. Ciò, come già detto, probabilmente ha influenzato anche le abitudini dei figli e gli echi degli insegnamenti dei nonni erano ormai sempre più lontani. Con sommo gaudio dei brand eh, crederete mica che questa tendenza abbia offeso i nobili lignaggi dei marchi storici? Chi si straccerebbe le vesti se il cliente affezionato passasse dal far riparare ad acquistare un pezzo nuovo magari dello stesso brand? Andiamo ancora più in profondità, credete sia gratis mantenere manovalanza e sistema di gestione ricezione-valutazione-spedizione? Credete che un brand guadagni di più vendendo un paio di scarpe nuove top di gamma o riparandone? Credete sia facile la formazione del personale, mantenere un archivio dei pezzi, pellami, colori, forme? Credete sia gratis per un brand stoccare tutto questo? Come pensate si svuotino i magazzini di pezzi prodotti?

Quindi immaginate quanto sarà dispiaciuto a chi “tiene la contabilità” constatare che avrebbero potuto così abbassare le spese senza perdere in guadagni, ANZI era giunto il momento giusto per abbassare la qualità!!! EUREKA, nessuno dei nuovi clienti se ne sarebbe accorto perchè la cultura sta morendo ed era assolutamente importante continuasse così. E così è stato. Basta fare un giretto in una boutique di lusso qualsiasi, ve ne faccio un esempio al volo qui sotto:

Quelli in legno sono tacchi di lusso, che trovate solitamente (ormai quasi solamente) nelle scarpe su misura. Quelli con i puntini colorati sono tacchi in plastica che come potete vedere non sono prerogativa solo degli articoli da mercato. Attenzione, dico TACCHI non soprattacchi. Nelle foto ho evidenziato con puntini colorati le zone di fissaggio del soprattacco in plastica al tacco in plastica. Che all’interno sarà quasi completamente cavo, con un bel risultato: suonerà come un tamburo durante la camminata e si rischia di scivolare più facilmente perchè il soprattacco DEVE essere di plastica per reggere il lavoro e il peso ( appoggiati sul nulla ) e se comunque dovesse partire la riparazione non sarà né molto semplice né di sicura tenuta perchè la base su cui si lavora è farlocca. – Ma costano molto ugualmente.

COMINCIATE A SENTIRLA LA FREGATURA?

Ho passato anni in laboratori di riparazione di scarpe e borse, dalle più banalotte a quelle di lusso estremo. E sorrido quando un giornale si spertica in elogi di un brand che ripara calzature, per quanto sia una cosa assolutamente gradita. Sorrido perchè intanto non ci vuole molto a capire come mai esca ora un’articolo del genere e poi perchè mi domando se il giornalista abbia chiesto quanto tempo sia necessario per avere la scarpa riparata dal produttore e quale sia il prezzo. Io posso dirvi che in un periodo vicino della mia vita ho passato 2 anni ad un ritmo di 2 paia al giorno di calzature goodyear uomo a cui ho ripristinato la suola in toto portate da clienti che non volevano aspettare i tempi prospettati dai brand oppure, ed è peggio, non erano nemmeno al corrente che il brand da loro amato offrisse quel servizio. E questo è molto grave perchè finchè una scelta è dettata da una qualche convenienza di tempistica-economica è una scelta comunque personale ma quando è guidata da un’ignoranza qui c’è anche il “concorso di colpa” da parte del brand.( E anche a questo proposito avrei aneddoti ma poi ci dilunghiamo troppo.) Perchè o chi ha venduto la scarpa non ha ritenuto necessario farlo oppure… …

Ma ADESSO spuntano fanciulleschi aneddoti sulla tradizione della riparazione, 9 mesi fa era roba da poveracci. Se chi vende determinati articoli, qualunque essi siano, non mette in luce tra i pregi del prodotto la possibilità che esso sia riparabile grazie alle sue qualità… beh chi dovrebbe farlo?! Comunque, frecciate a parte, il problema di fondo resta sempre quello; cancellazione della cultura. Una mancanza sistematica, reiterata e grave per quanto concerne la percezione del reale VALORE DELLE COSE. Il loro valore viene dato dalla qualità e per lungo tempo alta qualità ha voluto dire possibilità di ripristino. Sempre da mani esperte ovvio ma la certezza di poter contare sul fatto che un oggetto fosse tanto ben realizzato/progettato da poter essere riparato N volte con pezzi originali o meno ma comunque la struttura lo avrebbe concesso, sopportato. E sarebbe tornato utilizzabile. E più sono i pezzi indipendenti tra loro più accurata ed efficace può essere la riparazione. E più sono questi pezzi più lavoro c’è dietro sia di realizzazione che di progettazione. Quindi è costato di più produrlo ma con un’ intento ben preciso che non sarà stato quello di spennare il cliente ma anzi, conquistarlo con un’ oggetto che possa accompagnarlo nel tempo e nella vita. Io ho articoli che hanno 15-20-35 anni e a volte mi fermo a pensare guardandoli, cosa hanno affrontato, visto, superato nella vita assieme a me. E ne hanno i segni, fisici, ma sono bellissimi anche per questo.

E quindi si, sostenibile è ciò che può non solo durare a lungo ma soprattutto che possa essere riparato, modificato perchè così facendo porta a un minor numero di acquisti. L’impronta ecologica di un articolo simile sarà sempre più bassa di quello di un usa-e-getta e anche la resa economica sarà ben diversa. E cercate anche nei mercatini, perchè no io lo faccio sempre e trovo ottimi affari che durano anni. Poi date spazio alla fantasia facendo modificare o adattare e così darete anche lavoro a qualcun’altro. E pensate a quanto positivo sarà l’impatto di quell’articolo sull’economia. Che diventa davvero circolare.

Il sottoscritto mentre prova un montone d’epoca in un negozio dell’usato a Milano; un capo che 30 anni fa costava quanto una moto.

Quindi volete essere più sostenibili? 1) Comprate meno ma di vera qualità che non viene data sempre dal prezzo 2) quando comprate domandate quante più informazioni possibili al negoziante, anche se offrono loro stessi un servizio di riparazione ad esempio 3) fatevi una cultura di base per quanto riguarda i material 4) cercate anche nell’usato “di razza”, avrete grandissime sorprese. Il sermone è finito, andate in pacifica sostenibilità e che San Vogue continui a rinfrescare le giovani menti sui principi essenziali del bello&benfatto nonché criteri di sostenibilità vera. Dopotutto come dico spesso l’importante è che qualcuno con adeguata “potenza di fuoco” accenda i riflettori su di un’ argomento utile a tutti.

Io, che non ho quel seguito, continuerò a farlo sperando si aggiungano altri. Buoni passi e a presto.

Giacomo

Come valutare scarpe da 25 euro???

Possono delle scarpe da 25 euro avere delle qualità apprezzabili?

Qualche tempo fa mi sono arrivate tra le mani queste. Mancava il sottopiede ed erano senza scatola quindi non potevo sapere chi le avesse prodotte. Ma il numero è il mio e mi era stato detto “provale e fammi sapere cosa ne pensi”.

PRIME IMPRESSIONI appena prese in mano: Tomaia in pelle, scarsa qualità ma pelle. Scamosciata. Molto morbida. Colorazione piattissima, in questa tonalità dava veramente l’impressione del cartone. Collarino imbottito rivestito in finta pelle dello stesso tono di colore della tomaia. Lacci in cuoio, apparentemente anche di discreta qualità. Suola in gomma a base siliconica, morbidissima, senza infrasuola, monoblocco ma incredibilmente CUCITA alla tomaia. Si, la cucitura che si vede sul carroarmato è vera. Su di una scarpa con queste caratteristiche è stata davvero una sorpresa. La fodera è sintetica.

PRIMO UTILIZZO: La scarpa è morbidissima, sembra quasi di avere addosso delle ciabattone. Non ritiene quasi nulla, la struttura è totalmente lasca ma fortunatamente si allaccia bene e anche lasciando gli ultimi due occhielli vuoti ma stringendo bene, il piede ha un minimo di tenuta che da sicurezza. La suola è molto leggera, se provate ad appoggiarla allo spigolo di uno scalino vedrete i denti del battistrada piegarsi! E sopratutto è tremendamente scivolosa sul bagnato, una saponetta! I lacci funzionano benissimo, i nodi non si mollano. Il comfort di camminata è buono ma serve un sottopiede in pelle quantomeno. Purtroppo la fodera sintetica non è ovviamente possibile cambiarla e questo si traduce in scarsa traspirabilità e poco isolamento termico, in inverno pieno mi sa faranno soffrire il freddo. Il colore è tremendo ma vederle indossate non sono niente male.

Ok, a questo punto faccio qualche ricerca sul web e scopro chi le produce: ve lo dico alla fine 😉 E scopro anche il prezzo: 25 euro! Questo modello è il più economico, quello non scamosciato sta sui 36…! Bon, ora possiamo veramente valutare bene il rapporto qualità prezzo.

MIGLIORIAMOLE. Innanzitutto il colore agghiacciante: iniziamo spazzolandole con una spazzola di ottone adatta al camoscio. Darà un po’ di vita al “pelino” ultracompresso e lo preparerà ad assorbire un po’ di colore spray. Sono facilmente reperibili nei negozi specializzati, danno colore al camoscio e un minimo di impermeabilizzazione. Io l’ho spruzzato volontariamente in maniera non uniforme, così da creare ombre e variazioni di tonalità rendendone meno piatta l’estetica. Utilizzo un colore “marrone medio”. Tre passate a distanza di 30′ una dall’altra. Risponde benissimo, assorbe molto bene e sfuma dando un tono più reale.

COMFORT: si può far poco e la scarpa di per sé non è male, inserisco un sottopiede in vera pelle morbido, profumato e traspirante. Non lo fisso con collanti proprio per mantenere queste caratteristiche e migliorare un po’ quelle della scarpa.

SUOLA: di qualità scarsa ma provo un trucchetto, consumo leggermente la patina lucida che la ricopre con la carta vetrata passata leggermente.

LACCI: troppo lunghi se non si usano tutti gli occhielli, li taglio di almeno 6cm. Sono sorprendentemente buoni.

Eccole dopo le operazioni: tenete conto che prima la tomaia aveva quasi lo stesso colore del collarino imbottito …

IMPRESSIONI POST-OPERAZIONI.

Prova estetica assolutamente passata, anche perchè ho cominciato subito ad utilizzarle il più possibile e in condizioni atmosferiche pessime. Lo scopo è dare un tono di vita-vissuta al pellame con segni, pieghe e magari qualche strisciata. Ad onor del vero ho anche utilizzato un ottimo impermeabilizzante di rinforzo in seguito e l’efficacia è migliorata ma la qualità del pellame non permette miracoli. Dopo un po’ l’acqua passa. Comunque di primo acchito sono molto più personali. Il sottopiede anche se leggero fa il suo, comodo e isola un po’, purtroppo il resto della fodera in certe condizioni fa sudare il piede e immediatamente dopo fa sentire un po’ di freddo, almeno con calze leggere. Il grip è migliorato molto! Non si scivola più, in nessun caso. Piacevolmente stupito. Però sono veramente delle ciabatte ma come detto prima l’allacciatura efficace sopperisce alla mancanza di “nervo” della struttura.

Potete notale i punti della cucitura della suola e le sbucciature dovute alla carta vetrata e all’utilizzo intenso.
Sottopiede in vera pelle della “Coimbra”, io li trovo davvero buoni.

CONCLUSIONI:

Io quando testo un paio di scarpe non scherzo, vivo a Venezia e faccio il 98% del tragitto giornaliero a piedi e non sono mai meno di 6km. E’ capitato le usassi anche tutto il giorno ultimamente e non ho mai avuto il piede stanco o dolorante, così come la schiena. Per sopperire alla mancanza di isolamento termico ho utilizzato delle calze tecniche da trekking leggero e non ho più avuto freddo. Personalmente lo stile mi piace, riprende quello di certe mocassini alti usati nel nord degli Stati Uniti ed è una via di mezzo tra il boot da boscaiolo e la stringata alta da città. Se la qualità fosse migliore sarebbe possibile usarle tranquillamente anche su qualche sterrato o in campagna. E mi piace avere delle scarpe di livello più basso a volte, mi diverte usarle senza alcun riguardo anzi mettendole proprio “alla frusta” per segnarle profondamente.

Spesso ho avuto grosse soddisfazioni ed un paio – che vi presenterò- le ho usate in ogni condizione meteo e dopo 8 anni reggono ancora. Vedremo queste. Il rapporto qualità-prezzo è tutto dalla loro parte, dopotutto solo per la qualità dei lacci e della suola cucita vi sfido a trovare qualcosa di simile nei classici megastore di calzature di basso livello. Impossibile. Per di più come avete visto qualche altra freccia a loro favore ce l’hanno. Vi ricordo il prezzo, 25 EURO!!! Che dire, io credo che tenendo conto dei limiti e se avete bisogno di un paio di scarpe da maltrattare magari per andare a spasso senza impegno, portare a spasso il cane nei prati, o qualche lavoretto o per sperimentare uno stile country-casual a basso prezzo … possono andare.

Certo non hanno nulla di qualità che faccia presagire una lunga durata e quindi sono tutto l’opposto di quanto consiglio di solito per di più colorazione, fodera e suola sono quanto di più chimico si possano trovare anche se NON puzzano di petrolati. Diciamo che la sostenibilità non è il loro punto forte! Dopotutto il loro produttore è … … AMAZON! Ebbene si, sono le scarpe a marchio Find e arrivano dal Portogallo. Questo aggiunge altre considerazioni in tema di sostenibilità, etica e produzione che se vorrete, farete. Se non ne avete BISOGNO lasciate stare, altrimenti prendetele in considerazione; quantomeno nel loro segmento hanno dei pregi che le rendono più affidabili.

Buoni passi!

Giacomo.